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“Il suicidio di Mario” con la stretta collaborazione della giustizia italiana

Art. 580. (Istigazione o aiuto al suicidio) Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Giusto per non dimenticarlo!

“Mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni”, è il commento di Mario, tetraplegico, immobilizzato da 10 anni a causa di un incidente stradale. Il camionista di Pesaro, ha ottenuto il 23 novembre 2021 di essere il primo cittadino italiano a poter ricorrere legalmente al suicidio assistito. A deciderlo è stato il Comitato etico dell’azienda sanitaria di competenza, la Asur Marche, che ha verificato, con un’equipe di medici e psicologi, la sussistenza di tutte e quattro le condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale nella sentenza Cappato-DjFabo: l’irreversibilità della malattia, l’insostenibilità del dolore l’avvalersi di un intervento meccanico per l’espulsione delle deiezioni e la chiara volontà del paziente.

Marco Cappato, intervistato dall’AGI, confida nella decisione della Consulta sull’ammissibilità del referendum proposto dalla Associazione Luca Coscioni sulla abrogazione parziale del reato cosiddetto “omicidio del consenziente. Il caso di Mario – spiega Cappato – riguarda l’autorizzazione alla autosomministrazione di un farmaco letale. Ma ci sono anche persone in condizioni di malattie irreversibili ed insopportabili che non possono somministrarsi da sé la sostanza e chiedono, quindi, di essere aiutati da un medico che però attualmente in Italia sarebbe condannabile fino a 15 anni di carcere”.

Come può un omicidio essere scambiato per un atto di generosità o ancor peggio per un atto di amore? L’unico atto di amore è la compassione, la complicità e la collaborazione attiva e passiva. Nella prospettiva cristiana, la compassione non consiste nel provocare la morte, ma accoglie il malato, lo sostiene, offrendo affetto, attenzione e “mezzi per alleviare la sofferenza”.

Nuovo appello del Papa a scongiurare “inaccettabili derive” eutanasiche. Papa Francesco all’udienza di mercoledì scorso, ha espresso gratitudine “per tutto l’aiuto che la medicina si sta sforzando di dare, affinché attraverso le cosiddette ‘cure palliative’, ogni persona che si appresta a vivere l’ultimo tratto di strada della propria vita, possa farlo nella maniera più umana possibile. Dobbiamo però stare attenti – ha avvertito – a non confondere questo aiuto con derive anch’esse inaccettabili che portano all’eutanasia. Dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o aiutare il suicidio assistito. Ricordo che va sempre privilegiato il diritto alla cura e alla cura per tutti, affinché i più deboli, in particolare gli anziani e i malati, non siano mai scartati. Infatti, la vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata. E questo principio etico riguarda tutti, non solo i cristiani o i credenti”.

Secondo quanto ha riportato ANSA poche ore fa, “la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il quesito che chiede di depenalizzare l’0micidio del consenziente in quanto ,non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili.”

Jacopo Coghe, vicepresidente di Pro Vita & Famiglia ha dichiarato ” siamo grati alla Corte per il coraggio con cui non si è fatta intimidire da pressioni politiche e mediatiche di ogni genere. E’ stata sventata una deriva mortifera, ma incombono ancora spinte eutanasiche che ora il Parlamento è chiamato a scongiurare. Dalla Camera ci aspettiamo una risposta importante che investa sulle cure palliative e aiuti i sofferenti a vivere con dignità, e non a farsi ammazzare.”

F.M.

#NOEUTANASIA #SIALLAVITA

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